Coronavirus: l’impatto psicologico sugli operatori sanitari
A causa dell’emergenza che stiamo vivendo, molti operatori sanitari, impegnati in prima linea nel far fronte alle conseguenze del Covid-19, sono costretti a confrontarsi con:
- Turni massacranti (dalle 12 alle 15 ore al giorno) che comportano una costante tensione fisica e psichica
- Sensazione di costante emergenza e di allarme
- Consapevolezza rispetto al rischio derivante dall’insufficienza di precauzioni adeguate
- Ansia e paura rispetto al rischio di essere contagiati e di subire un isolamento forzato, in caso di positività al virus
- Lontananza dalla propria famiglia
- Preoccupazione di essere una potenziale fonte di contagio
- Senso di impotenza derivante dalla consapevolezza che molti dei loro sforzi potrebbero essere vani
- Vissuti negativi derivanti dall’essere, in molti casi, l’unica persona che accoglie le ultime volontà del paziente
- Un’innumerevole quantità di decessi unita allo stress di essere, per i parenti, il portavoce della drammatica notizia
Rischio burnout
In questa situazione, il personale sanitario è fortemente esposto al rischio di Burnout, inteso come una forma di stress correlata al lavoro che comporta una serie di sintomatologie fisiche (senso di debolezza, cefalee, insonnia, disturbi cardiovascolari e intestinali, ecc.), cognitive/emotive (difficoltà di concentrazione, cinismo, rabbia, irritabilità, scarsa autostima, sensazione di fallimento, demotivazione, distacco emotivo, ecc.) e comportamentali (aggressività, assenteismo, mancanza di iniziativa, ecc.).
Rischio Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD)
E’ plausibile, inoltre, che il notevole livello di stress a cui gli operatori sono sottoposti, incrementi la probabilità di sviluppare manifestazioni del Disturbo Post Traumatico da Stress che, stando ai criteri del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5; APA, 2013), prevede:
- Esposizione diretta o indiretta a un evento traumatico
- La presenza di uno o più tra i seguenti sintomi intrusivi: ricordi e sogni spiacevoli ricorrenti, flashback, sofferenza psicologica e reazioni fisiologiche prolungate e intense, collegate all’esperienza traumatica
- Evitamento di stimoli associati all’evento
- Alterazioni nel pensiero (incapacità di ricordare alcuni aspetti dell’esperienza traumatica, convinzioni o aspettative negative che riguardano se stessi, gli altri e il mondo, cognizioni distorte sulle cause e conseguenze dell’evento traumatico) e nell’umore (stato emotivo negativo persistente, perdita di interesse e della partecipazione alle attività quotidiane, sensazione di distacco, incapacità di provare emozioni positive). Per soddisfare il criterio, sono necessari almeno due tra i sintomi citati
- Alterazioni nell’arousal e nella reattività legate all’evento, come evidenziato da due o più dei seguenti criteri: comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia, comportamento spericolato o autodistruttivo, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà a dormire
- La durata delle alterazioni deve essere superiore ad un mese
A questo proposito, lo psicologo e psicoterapeuta Giorgio Nardone segnala che al termine dell’emergenza in corso, gli operatori sanitari reagiranno in due modi distinti. Alcuni di loro si mostreranno resilienti, dunque capaci di reggere l’impatto psicologico del post emergenza, altri, invece, non riusciranno a mettere in campo tutte le risorse necessarie per farvi fronte.
In quest’ultimo caso, sempre secondo Nardone, è altamente probabile l’insorgenza di una sintomatologia da Disturbo Post Traumatico da Stress.
Partendo da tale considerazione, viene dunque sottolineata l’importanza di un tempestivo sostegno psicologico che possa favorire l’elaborazione dell’esperienza e dei vissuti emotivi negativi, prima che questi possano sfociare in patologie più gravi.
Rimaniamo a disposizione per offrire supporto gratuito a tutti gli operatori che ne sentono il bisogno.
Dott.sse Maria Costanza Melloni e Eleonora Mandia
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