Disturbi alimentari: che ruolo ha la famiglia?

Disturbi alimentari: che ruolo ha la famiglia?

Disturbi alimentari: che ruolo ha la famiglia?

Domenica scorsa, il 15 marzo, è stata la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla per la sensibilizzazione alla lotta ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

Nonostante l’impossibilità di incontrarsi dal vivo, sono state proposte numerose iniziative telematiche rivolte sia a persone con disturbi del comportamento alimentare sia ai loro familiari. L’Associazione Nutrimente Onlus, per esempio, per sottolineare l’importanza che i genitori ricoprono nella lotta contro i disturbi alimentari, ha messo a disposizione uno sportello telefonico per tutti gli interessati alla partecipazione ai gruppi di auto mutuo aiuto (AMA), dedicati ai caregivers.

 

La famiglia come risorsa

La famiglia, seppur rappresenti una risorsa importante, spesso non viene considerata e coinvolta sufficientemente nel percorso di cura.

I genitori, tuttavia, possono essere i primi ad accorgersi di alcuni cambiamenti rispetto al modo di alimentarsi dei propri figli. Tale condizione è essenziale per aiutarli a prendere coscienza del fatto che probabilmente è presente una difficoltà per la quale è bene chiedere aiuto ad un professionista.

Durante il percorso di cura, inoltre, i genitori rappresentano un supporto importante in quanto aiutano i ragazzi ad elaborare i vissuti negativi legati alla diagnosi ricevuta e a mettere in pratica quotidianamente le indicazioni terapeutiche dell’equipe multidisciplinare (psichiatra, psicoterapeuta, internista, dietista).

 

Un ruolo difficile

Questo ruolo non è semplice perché spesso i ragazzi non comprendono e non condividono le misure adottate che vengono esperite come forzature. Il conseguente irrigidimento delle rispettive posizioni potrebbe, soprattutto con il decorso della malattia, interferire con le dinamiche familiari.

Il fatto di scontrarsi con il peggioramento del comportamento patologico del proprio figlio o la mancata percezione di un miglioramento, può portare i genitori a sperimentare un’ampia gamma di vissuti negativi (impotenza, vergogna, senso di colpa, frustrazione, rabbia e ansia) e ad adottare atteggiamenti critici o colpevolizzanti.

Si tratta di modalità che, se non adeguatamente ascoltate ed elaborate, potrebbero rivelarsi iatrogene per il processo di cura. Da qui l’importanza per i genitori di avere come riferimento una rete di sostegno (gruppi supportivi, di auto mutuo aiuto) e dei professionisti psicologi in grado di dare un senso alle loro emozioni per sostenerli durante l’intero percorso.

 

Alcuni suggerimenti

Ecco, dunque, alcuni spunti che potrebbero essere utili a tutti quei genitori/ familiari che convivono con questo tipo di problematiche:

  • Cercare di non esprimere critiche, osservazioni negative o commenti sui comportamenti alimentari adottati dai figli
  • Ricordare e riflettere sul fatto che si ha a che fare con una vera e propria malattia che, in quanto tale, è fondamentale non giudicare
  • Comunicare in maniera chiara e trasparente orientando lo sguardo su tematiche indipendenti dal disturbo alimentare
  • Rispettare gli spazi personali e i bisogni di indipendenza dei figli, senza adottare atteggiamenti di iperprotezione o di ipercontrollo
  • Promuovere un scambio relazionale positivo e non colpevolizzante. 

 

Dott.ssa Maria Costanza Melloni

 

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