La trappola dell’attacco di panico
L’attacco di panico quando arriva, ti coglie alla sprovvista, come un “fulmine a ciel sereno”.
Molte persone, dopo il primo attacco, a causa delle sensazioni spiacevoli che suscita, sono spaventate all’idea che questo possa ripresentarsi in futuro.
Poco alla volta, limitano la loro vita, evitando appositamente alcune situazioni (ad esempio guidare, prendere i mezzi pubblici, uscire con gli amici, ecc…) per il timore che l’attacco di panico si ripresenti.
E’ così, dunque, che l’attacco di panico, può trasformarsi nel tempo in una trappola vera e propria poiché i continui evitamenti aumentano il livello di ansia, la possibilità di avere nuovi attacchi di panico e la chiusura in sé stessi.
Che cos’è e come riconoscerlo?
Seppur sia comune a molte persone, l’attacco di panico è sempre imprevedibile e inatteso, risultando per chi lo vive come un’esperienza molto spiacevole e debilitante.
In genere, il primo attacco non si scorda mai, proprio per l’imprevedibilità e l’intensità dei sintomi sia fisici che psicologici.
Tendenzialmente ha una durata limitata, di pochi minuti (10-30 minuti): il livello apprensione e di paura raggiunge un picco massimo per poi gradualmente diminuire.
Quando arriva, la persona sperimenta un’intensa paura di perdere il controllo, di impazzire e addirittura di morire. E’ esperienza comune, infatti, credere che i sintomi sperimentati siano la manifestazione di un improvviso malessere fisico, come ad esempio un arresto cardiaco o un ictus.
Per questo motivo chi ha un improvviso attacco di panico, corre spesso al pronto soccorso convinto di stare per morire.
Numerosi sono i sintomi che si manifestano durante un attacco di panico:
- Sensazione di soffocamento
- Tachicardia
- Vertigini e senso di svenimento
- Nausea
- Senso di costrizione al torace
- Bocca secca
- Tremori
- Formicolii alle mani e ai piedi
- Tensione muscolare
- Sensazione di sbandamento o di instabilità
- Derealizzazione (percezione di perdere il contatto con la realtà)
- Depersonalizzazione (percezione di essere distaccati da sé stessi)
Un attacco di panico per essere considerato tale, non necessariamente deve presentare tutti i sintomi sopra riportati; in genere ne bastano 4, contando anche che la manifestazione e la durata possono variare da persona a persona.
Fondamentale è sapere che un singolo attacco di panico non è di per sé patologico, ma può legarsi ad alcuni vissuti collegati ad esempio ad eventi stressanti o importanti (traslochi, fasi di vita, ecc..).
Tuttavia, se ad un attacco si associa una persistente preoccupazione (di almeno un mese) legata alla possibilità di averne altri e impatta significativamente sulla vita della persona, si parla di disturbo da attacchi di panico.
Quali conseguenze?
La persona, a seguito di un attacco di panico, per evitare che questo si ripresenti nuovamente, ricerca un controllo assoluto sugli eventi. Esegue, in tal modo, un continuo monitoraggio delle proprie sensazioni corporee (es. respiro, battito cardiaco, ecc.) e della realtà esterna (es. disponibilità di fuga, disponibilità di pronto soccorso, ecc.).
Questa modalità, tuttavia, si rivela controproducente dal momento che favorisce un aumento dello stato di ansia, che a sua volta diventerà il responsabile di un nuovo attacco di panico: si instaura, dunque, un circolo vizioso tra la paura di avere un attacco e la probabilità che questo si ripresenti.
Similmente anche l’evitamento di alcune situazioni per il timore che si verifichi un attacco, favorisce un’autovalutazione negativa di sé: i continui evitamenti, il limitare la propria esistenza e i riscontri negativi da parte degli altri sui propri comportamenti, favoriscono l’aumento del proprio senso di inadeguatezza e di apprensione.
Per questo non è raro che le persone si affidino a fonti di sicurezza esterne (es. farmaci o familiari) oppure che si isolino per la paura che si ripresenti un nuovo attacco di panico.
I falsi miti dell’attacco di panico
- Se mi viene un attacco di panico, posso avere un infarto?
NO. Come anticipato, chi soffre di attacchi di panico può pensare, a causa del senso di costrizione toracica, di stare per avere un infarto. In quest’ultimo caso, tuttavia, vi è una vera e propria alterazione dell’attività elettrica del cuore, cosa che non avviene durante un episodio di panico.
- Se mi viene un attacco di panico, posso perdere il controllo?
NO. E’ difficile effettivamente perdere il controllo a livello comportamentale arrivando a compiere azioni imbarazzanti (come ad esempio imprecare). La persona, nonostante la crisi, riesce ad avere un effettivo e concreto controllo.
- Se mi viene l’attacco di panico, sono spacciato, non ne uscirò più!
NO. Il tasso di guarigione è di circa dell’80%. Diviene necessario, per evitare che l’attacco si ripresenti in futuro, affidarsi all’aiuto di un professionista.
- Se mi viene l’attacco di panico, significa che sto impazzendo?
NO. La paura di perdere il controllo e di impazzire, come abbiamo visto, è uno dei sintomi più comuni dell’attacco di panico. Si tratta, dunque, di un timore della persona che non è supportato in alcun modo dalla realtà.
- Attacco di panico? Non preoccuparti, basta condurre una vita sana!
NO. Sicuramente bere pochi caffè, mangiare sano, fare attività fisica, sono comportamenti salutari che contribuiscono a promuovere uno stato di salute. Tuttavia, l’attacco di panico, per poter essere gestito, richiede un intervento psicoterapeutico che permette di vivere ed esprimere in maniera differente le proprie emozioni.
5 suggerimenti per far fronte all’attacco di panico
- Ricordati che ha una durata limitata (10-30 minuti al massimo)
- Focalizzati sulla respirazione: questo favorisce una migliore ossigenazione che riduce la sensazione di soffocamento e un maggior rilassamento muscolare
- Focalizzati sul fatto che non stai per morire o impazzire, pensando che si tratti “solo” di ansia
- Nel momento in cui arrivano i sintomi, concentrati su ciò che ti circonda (ad esempio conta le macchine che passano) oppure prova a distrarti (ad esempio canticchia la tua canzone preferita, parla con qualcuno, ecc..)
- Contatta uno psicoterapeuta. Potrà aiutarti non solo ad eliminare i sintomi ma ad evitare che questo si ripresenti nel futuro, attraverso un lavoro che metta a fuoco le cause che lo hanno scatenato.
Dott.ssa Maria Costanza Melloni
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